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«L’industria dell’auto Ue lotta per sopravvivere»


Non è un caso, affatto, che il giorno delle audizioni parlamentari dei sindacalisti metalmeccanici sia lo stesso in cui a Termoli la dirigenza dello stabilimento Stellantis ha comunicato di aver fatto richiesta in via cautelativa di cassa integrazione ordinaria, nel periodo che va dal 19 al 25 maggio, per tutta l’unità Motori GME, V6 e GSE (cosiddetta area Premium). Tornando all’audizione, si è svolta ieri alla X Commissione Attività produttive della Camera dei Deputati sul piano dell’Unione europea per l’automotive. All’audizione ha partecipato per la Fim-Cisl il coordinatore nazionale Stefano Boschini che ha dichiarato: «In Europa e in Italia in particolare, la transizione ha innescato la più grande crisi del settore dell’auto degli ultimi 70 anni, questo, perché nonostante gli annunci, la politica europea e nazionale non ha supportato con le necessarie e indispensabili risorse la transizione. I dati sulle produzioni del primo trimestre 2025 – ha poi detto Boschini – con un -35% della produzione auto in Italia, rispetto al primo trimestre dell’anno precedente, sono la testimonianza della profondità della crisi. Oggi questo è evidente nell’altissimo numero di ore di ammortizzatori sociali utilizzati. Come sollecitato in tantissime occasioni e rimarcato anche attraverso una grande manifestazione a Bruxelles il 5 febbraio scorso, insieme a IndustriALL e tutti i sindacati europei, è necessario intervenire con l’istituzione di un nuovo fondo straordinario Europeo a sostegno della transizione dell’intera filiera dell’auto. Oltre a questo, ha poi precisato – bisogna rifinanziare gli ammortizzatori sociali attraverso un intervento normativo, ma questo non basta – serve aggiunge Boschini – sostenere vista la profondità della crisi in atto il reddito dei lavoratori con misure che integrino il reddito degli ammortizzatori. Come Fim, sosteniamo il principio della neutralità tecnologica che permetta una transizione che non sia a spese dei lavoratori e del sistema industriale europeo e italiano – in questo senso – conclude Boschini – la realizzazione in Italia della giga-factory di batterie rappresenta un fattore strategico di prospettiva per l’industria dell’auto nel nostro Paese». Per Gianluca Ficco, della Uilm: «L’industria dell’auto europea e più specificamente italiana è oramai impegnata in una vera e propria lotta per la sopravvivenza, colpita dalle contorte politiche di elettrificazione della Ue, nonché dalle preoccupanti misure protezioniste degli Usa. Il tavolo automotive insediato dal Governo ha focalizzato i nostri principali punti deboli ed ha creato in astratto i presupposti per un’azione di salvaguardia e di rilancio, ora però è il momento di intraprendere azioni coraggiose in sede sia europea sia nazionale». «In sede europea occorre eliminare per davvero le famigerate sanzioni ai produttori di veicoli, che fino ad ora si è pensato semplicemente di rinviare attraverso un macchinoso sistema di medie triennali. Questo percorso è autolesionista non solo per la produzione di autovetture ma ancor di più per quella di veicoli commerciali pesanti: si pensi che una azienda di per sé sana come Iveco a breve sarà costretta a produrre quote crescenti di camion elettrici che però vengono rifiutati dai clienti. Dobbiamo evidentemente cambiare approccio, utilizzare le tecnologie effettivamente a portata di mano per ridurre le emissioni come l’ibrido per i veicoli privati e i motori a basso impatto per i camion, introdurre il principio della neutralità tecnologica ed essere maggiormente rispettosi della libertà di scelta dei consumatori. Solo così potremo conseguire effettivi benefici ambientali e guidare la nostra industria verso la transizione». «A livello nazionale, è urgente intervenire su almeno due fronti: il costo dell’energia, che è incomparabilmente superiore a quello di tutti i nostri competitors, e la riforma degli ammortizzatori sociali, che devono diventare più tutelanti per i lavoratori e meno onerosi per le imprese. Bisogna far pagare di più le imprese che chiudono e licenziano, ma aiutare quelle che cercano di superare la crisi, innanzitutto le innumerevoli imprese dell’indotto che vivono le difficoltà maggiori e i cui lavoratori rischiano l’imminente licenziamento. Inoltre, è auspicabile un intervento normativo sulle auto aziendali che renda accessibili non solo le full electric e le plug-in, ma anche le mild hybrid. Fatto questo si può passare a piani più ambiziosi e a politiche industriali di lungo termine, per prepararci alla ulteriore dirompente sfida della guida autonoma e cercare soluzioni innovative come la propulsione ad idrogeno. Per quanto riguarda specificamente Stellantis, restano punti critici da risolvere, a cominciare dalla necessità di chiarire le prospettive di Termoli, di assegnare i modelli ibridi a Cassino e di rilanciare il marchio Maserati. Come sindacato ci siamo battuti e ci continueremo a battere per difendere ogni posto di lavoro, ma la dimensione e la natura degli eventi impongono al nostro Paese di fare sistema: è a repentaglio il primo settore industriale italiano con i suoi oltre duecentomila occupati». Per Michele De Palma (Fiom-Cgil): «Innanzitutto, le risorse finanziarie stanziate dall’UE sono irrisorie. Stiamo assistendo al crollo della produzione di auto in Europa ed in particolare in Italia. L’effetto concreto è la perdita di posti di lavoro in Italia e in Europa. Abbiamo chiesto modifiche per un Fondo Sure per uscire dalla crisi mantenendo l’occupazione attraverso il blocco dei licenziamenti e per affrontare la transizione ecologica e tecnologica. A questa situazione si aggiungono i dazi Usa del 25% sulle auto prodotte in Europa. Ogni intervento pubblico deve prevedere condizionalità sociali e occupazionali. Al Governo italiano chiediamo di ripristinare e allargare il fondo automotive tagliato dell’80% nella legge di stabilità. Sono necessarie risorse pubbliche condizionate alla garanzia occupazionale e formativa insieme a risorse private per rilanciare la produzione, la ricerca e sviluppo e quindi l’occupazione. Gli ammortizzatori sociali attuali non sono adeguati ad affrontare la situazione odierna a partire dalle lavoratrici e dai lavoratori di Stellantis e delle aziende della componentistica. In considerazione dell’importanza del settore continuiamo a ritenere necessario il confronto interministeriale a Palazzo Chigi».

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