L’intelligenza artificiale (AI) e il machine learning (ML) stanno progressivamente trasformando le metodologie di forecasting, estendendo le tradizionali analisi statistiche verso l’identificazione di nuove relazioni causali basate su set di dati sempre più ampi. Questo cambiamento di paradigma non solo mira a migliorare l’accuratezza delle previsioni, ma ridefinisce anche il ruolo delle figure professionali coinvolte e le strategie aziendali nel loro complesso. Vediamo come.
L’evoluzione delle tecniche di previsione della domanda
Tradizionalmente il processo di forecasting aziendale si è evoluto attraverso diverse fasi. Inizialmente focalizzato sulle previsioni di fatturato, quindi sulla componente puramente economica, si è gradualmente spostato verso previsioni in termini di unità vendute, spesso gestite attraverso strumenti come Excel e basate su modelli statistici classici o di ricerca operativa.
Un ulteriore passo avanti è stato caratterizzato dall’arricchimento di questi modelli con elementi di business specifici, come la stagionalità, eventi particolari o la depurazione da dati anomali.
Successivamente il mercato ha visto l’emergere di software proprietari specializzati nel forecasting, nati intorno agli anni 2000. Questi pacchetti offrivano algoritmi più avanzati, una maggiore accuratezza e tecniche di visualizzazione più efficaci, consentendo una minore dipendenza dalla competenza specifica del singolo demand planner.
Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di sistemi di forecasting “black box”, come nel caso di SAP Integrated Business Planning. Questi sistemi, pur vantando librerie interne proprietarie capaci di migliorare l’accuratezza, presentano una minore trasparenza algoritmica e una ridotta interazione umana, portando talvolta a una disaffezione da parte degli utenti.
L’ultima frontiera dell’evoluzione del forecasting è rappresentata dall’applicazione di progetti di intelligenza artificiale e machine learning sviluppati ad hoc per incrementare ulteriormente l’accuratezza delle previsioni.
L’AI però non può sostituire l’assenza o la scarsa qualità dei dati di partenza: al contrario proprio l’avvento dell’AI fa sì che la qualità e l’adeguatezza della base dati si confermino come un prerequisito abilitante essenziale per l’efficacia di strumenti avanzati. Elementi apparentemente banali, come la pulizia dei dati statistici dalle unità perse o dalle vendite speculative, diventano fondamentali per alimentare modelli di AI/ML affidabili.
Il ruolo dell’intelligenza artificiale e del machine learning
L’introduzione dell’intelligenza artificiale e del machine learning nel forecasting non implica la scomparsa dei metodi statistici tradizionali, ma piuttosto la loro integrazione e il superamento di alcuni limiti.
Tecniche statistiche consolidate come la media mobile, la regressione o lo smoothing esponenziale, affiancate da approcci basati sul “judgement” come il metodo Delphi o il brainstorming, continuano a rappresentare un patrimonio di conoscenza. Gli algoritmi di AI/ML, come le reti neurali, le regressioni robuste, le random forest o il gradient boosting, offrono però nuove capacità di analisi e previsione, soprattutto in contesti caratterizzati da grande complessità e volumi di dati elevati.
La vera sfida non consiste tanto nel diventare esperti di tutti questi strumenti, ma nel comprenderne la funzione e nel collaborare con figure specializzate in grado di implementare e gestire i modelli più appropriati per migliorare l’accuratezza del forecast.
Un aspetto fondamentale è mantenere l’elemento umano all’interno del processo. Contrariamente a un modello di forecasting basato su Excel, dove il responsabile aveva una comprensione diretta delle logiche sottostanti, i sistemi di AI/ML, soprattutto quelli “black box”, possono apparire opachi. È essenziale quindi definire un modello visivo e intuitivo basato sulla migliore tecnologia disponibile, che permetta all’utente umano di governare e comprendere il sistema piuttosto che subirlo. L’interazione tra la “macchina” (algoritmi, processi, sistemi) e l’”umano” (governance, pulizia e arricchimento dei dati, adattamento alla variabilità) rappresenta un equilibrio delicato ma estremamente importante.
Tecniche di machine learning per il forecasting
Nel panorama del machine learning applicato al forecasting, si distinguono diverse categorie di modelli. I modelli non supervisionati, come quelli basati sul clustering, analizzano i dati per identificare pattern e raggruppamenti senza una supervisione esterna. I modelli supervisionati, invece, apprendono da dati etichettati, attraverso tecniche di regressione o classificazione, con l’obiettivo di prevedere valori futuri o assegnare categorie. Il reinforcement learning, infine, rappresenta un approccio intermedio in cui un agente apprende attraverso l’interazione con l’ambiente, ricevendo ricompense o penalità in base alle proprie azioni.
L’applicazione del deep learning, una sottocategoria del machine learning, ha aperto nuove frontiere nel forecasting, grazie alla capacità di analizzare grandi quantità di dati complessi e di identificare relazioni non lineari. L’intelligenza artificiale generativa può poi supportare il forecasting suggerendo modifiche al sistema di calcolo in base agli errori passati o individuando nuovi pattern non precedentemente considerati.
Tra gli approcci di time series forecasting basati su AI/ML, si annoverano modelli classici come ARIMA e lo smoothing esponenziale, modelli di machine learning come SVM e Random Forest, modelli di deep learning come ANN e CNN, e modelli ibridi come Transformer e GAN.
La scelta degli strumenti e delle piattaforme per implementare questi modelli è vasta, spaziando da linguaggi di programmazione come Python con librerie specializzate come Pandas, a strumenti di business intelligence come Tableau, fino a piattaforme cloud come AWS. La decisione se sviluppare internamente le competenze o affidarsi a fornitori esterni rappresenta una scelta strategica fondamentale per le aziende.
Implementazione di progetti di forecasting con AI
L’adozione dell’intelligenza artificiale nel forecasting non è un processo immediato, ma si configura come un vero e proprio progetto. Tra i prerequisiti fondamentali vi sono la pulizia e la preparazione dei dati, la comprensione del livello di maturità aziendale e la definizione chiara degli obiettivi e delle sfide da affrontare.
È fondamentale iniziare con un “use case”, un progetto pilota che permetta di valutare concretamente il miglioramento dell’accuratezza del forecast attraverso l’utilizzo di modelli di AI/ML e di definire i Key Performance Indicators (KPI) per misurare il successo.
Le fasi di un progetto di forecasting con AI includono la definizione degli obiettivi e dei requisiti, la preparazione dei dati (raccolta, pulizia, selezione), la scelta del modello e dell’architettura, l’addestramento e l’ottimizzazione del modello (dividiendo il dataset in training e validazione), la valutazione e il testing (verifica delle prestazioni, identificazione di bias ed errori), l’implementazione e il deployment (integrazione in applicazioni e creazione di interfacce), e infine la manutenzione e l’aggiornamento continuo del modello.
Un modello di forecasting basato su AI non è statico, ma deve adattarsi a una realtà mutevole, imparando dalla base dati e adeguando i propri parametri nel tempo. È fondamentale poi che l’intera organizzazione si “fidi” dell’algoritmo, pur comprendendone i limiti e accettando la possibilità di errori. E non bisogna dimenticare che l’integrazione efficace dell’AI nel forecasting deve partire da un’analisi dei dati e degli strumenti esistenti, puntando alla massima automazione possibile.
Lo scenario italiano nel forecasting
Un’indagine degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, condotta tra le aziende manifatturiere italiane, ha rivelato un panorama eterogeneo per quanto riguarda l’adozione di processi avanzati di demand planning. Una percentuale significativa di imprese opera ancora con un approccio reattivo agli ordini, senza una formalizzazione del processo di forecasting. Solo una minoranza di aziende ha implementato processi strutturati e collaborativi, che coinvolgono attivamente clienti e fornitori.
La soddisfazione delle aziende rispetto ai propri sistemi di previsione della domanda commerciale varia significativamente. Molte imprese si dichiarano insoddisfatte soprattutto per quanto riguarda l’automazione e la gestione di set di dati complessi, probabilmente a causa di una formazione inadeguata o di infrastrutture limitate. Per quanto concerne la pulizia dello storico dei dati, la maggior parte delle aziende non adotta procedure automatizzate, evidenziando un potenziale di miglioramento significativo.
Nonostante ciò, si registra una crescente tendenza verso l’implementazione di nuovi strumenti e tecnologie per il forecasting, anche se con livelli di soddisfazione variabili e un percorso ancora in evoluzione, soprattutto per le piccole e medie imprese. La gestione del processo di previsione è prevalentemente affidata a team dedicati a livello locale, piuttosto che a strutture globali centralizzate.
Il futuro del forecasting: verso la Forecasting automation
Il futuro del forecasting è strettamente legato all’evoluzione tecnologica e all’adozione sempre più diffusa di soluzioni basate sull’automazione. È però fondamentale comprendere che non esiste una soluzione unica valida per tutte le realtà aziendali: il “next step” nel forecasting deve essere definito in base alle specificità di ogni contesto.
Un trend emergente è rappresentato dalle supply chain autonome, capaci di generare previsioni, pianificare la produzione e gestire gli ordini in modo sempre più indipendente dall’intervento umano. Sebbene un’autonomia completa possa essere irrealistica, l’identificazione di aree specifiche del processo di forecasting, come la previsione per determinati cluster di prodotti, in cui gli algoritmi di AI/ML possono superare l’accuratezza delle correzioni manuali, rappresenta un’opportunità concreta. L’automazione di una quota significativa del processo Sales and Operations Planning (S&OP) consentirebbe alle risorse umane di concentrarsi sui flussi più critici e strategici.
Un altro aspetto rilevante del futuro del forecasting è la capacità dei sistemi di generare automaticamente scenari alternativi, analizzando non solo le previsioni di vendita, ma anche l’impatto su livelli di servizio, inventario, piani di produzione, costi e margini. Questo approccio, basato sulla simulazione di diversi scenari, trasforma il ruolo della supply chain, da semplice orchestratore di informazioni a vero e proprio business partner strategico.
Il fattore umano e l’evoluzione delle competenze
In questo scenario l’effort umano si sposta dallo svolgimento di compiti computazionali alla governance e alla comprensione dei modelli di AI/ML.
Le competenze del demand planner evolvono da quelle di un esperto di statistica a quelle di un “governatore” di sistemi intelligenti, responsabile dell’accuratezza, della qualità dei dati e dell’aggiornamento dei modelli in risposta a cambiamenti esterni.
Il ruolo chiave diventa quello di comunicare le decisioni derivanti dal forecasting all’intera filiera, garantendo l’esecuzione delle strategie definite.
Le competenze richieste includono la padronanza dell’intelligenza artificiale, della data science e dei big data, nonché la capacità di interpretare le variabili esterne e di guidare la trasformazione digitale del demand planning.
L’evoluzione del forecasting segna quindi il passaggio dalla centralità dei metodi statistici tradizionali a un futuro guidato dall’intelligenza artificiale e dal machine learning. Questo non implica la scomparsa della figura umana, bensì una trasformazione del ruolo del demand planner: da esecutore di calcoli e analisi statistiche, egli diviene governatore e manutentore di sistemi intelligenti, con la responsabilità di comprenderne il funzionamento, supervisionarne l’operato e garantirne l’accuratezza.
Le competenze chiave si evolvono verso la padronanza di concetti di AI, data science e big data, la capacità di integrare variabili esterne fondamentali per la previsione e la collaborazione con esperti di dati. Il successo di questa transizione richiederà una visione strategica che integri l’automazione con la comprensione del business, superando la fase di semplici “use case” per abbracciare una trasformazione digitale organica del processo di demand planning.
Il demand planner sarà sempre più un garante dell’accuratezza e della qualità dei dati, un comunicatore efficace delle decisioni prese sulla base delle previsioni e un elemento cruciale nel guidare l’azienda verso decisioni più informate e strategiche.
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