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i dazi che ridefiniscono gli equilibri globali –


Gli USA impongono dazi al Giappone, aprendo tensioni economiche e geopolitiche che minacciano le catene globali e l’alleanza strategica.

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Introduzione

Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno rafforzato la propria politica commerciale in chiave protezionistica, imponendo o minacciando nuovi dazi su beni ad alta tecnologia provenienti dal Giappone, con particolare attenzione a componenti elettroniche, batterie e semiconduttori. 

Sebbene il Giappone sia un alleato storico degli USA e un partner centrale nella strategia indo-pacifica, Washington sembra voler perseguire una doppia strategia: rafforzare la propria autonomia tecnologica e al contempo indirizzare le catene di fornitura strategiche verso il suolo americano o verso partner meglio allineati a livello industriale.

Questa misura si inserisce in un quadro più ampio di “decoupling selettivo[1]“, non solo nei confronti della Cina, ma anche rispetto a economie avanzate, come il Giappone che potrebbero competere con l’industria americana in settori chiave.

Ciò mostra come gli Stati Uniti sono orientati in una politica estera di tipo realista: la geopolitica è un gioco a somma zero, in cui le parti fanno i propri interessi e vince chi è più forte”.

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Corpus

Il 2 aprile 2025, soprannominato “Liberation day”, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’imposizione di dazi “reciproci” su una vasta gamma di partner commerciali, tra cui il Giappone, con l’obiettivo dichiarato di correggere squilibri commerciali percepiti. 

In particolare, il Giappone è stato colpito da una tariffa del 24% su prodotti chiave giapponesi come componentistica elettronica, veicoli e beni industriali. 

Questo provvedimento, si inserisce in un quadro più ampio di protezionismo economico, già avviato durante il primo mandato Trump, e rilanciato come priorità nel secondo.

L’amministrazione americana giustifica l’introduzione dei dazi come risposta a tre questioni principali:

  1. Ridurre il disavanzo commerciale con il Giappone, uno degli squilibri più rilevanti per l’economia americana secondo Washington. Infatti, il Giappone è in surplus nella Bilancia dei Pagamenti per quanto attiene le esportazioni con gli Stati Uniti, mentre questi ultimi sono in deficit commerciale che nel 2024 si attestava sui 68 miliardi di dollari, dovuto soprattutto all’esportazioni di automobili. 
  2. Proteggere l’industria automobilistica e dei semiconduttori statunitensi, minacciata dall’avanzata giapponese su tecnologie strategiche. 
  3. Reintrodurre condizioni di scambio “reciproche” per bilanciare la presenza di merci estere nel mercato interno, coerente con la logica “American First” e con le promesse elettorali di Trump.

D’altro canto Tokyo ha espresso preoccupazioni diplomatiche, sottolineando la necessità di preservare la libertà degli scambi e del rispetto delle regole WTO, definendo le tariffe un “passo dannoso per l’alleanza bilaterale”. 

livello industriale, aziende come Toyota, Sony, Panasonic rischiano di vedere colpite le loro esportazioni verso gli Stati Uniti, con impatti diretti sulle catene di fornitura globali.

Il Giappone teme inoltre un effetto domino: la perdita di accesso privilegiato al mercato statunitense potrebbe spingere altri partner a rinegoziare condizioni meno favorevoli.

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Alcune imprese stanno, dunque, valutando la possibilità di delocalizzare parte della produzione direttamente negli Stati Uniti per aggirare i dazi, mentre altre minacciano di rallentare investimenti futuri sul territorio americano. 

dazi imposti potrebbero generare aumenti dei costi per i consumatori americani, soprattutto nei settori automobilistico, high-tech e componentistica, in cui i prodotti giapponesi rappresentano uno standard qualitativo consolidato.Allo stesso tempo, le aziende giapponesi potrebbero ristrutturare le proprie catene del valore, spostando asset o stabilimenti per preservare l’accesso al mercato nordamericano.

La mossa americana rischia di indebolire la storica alleanza con il Giappone, pilastro della strategia indo-pacifica e della deterrenza verso Cina e Corea del Nord. Tokyo potrebbe riconsiderare il proprio posizionamento, esplorando maggiore autonomia strategica o accordi regionali alternativi. 

Ipotesi speculativa

A fronte dell’inasprimento delle politiche commerciali statunitensi, nei prossimi mesi, il Giappone potrebbe ritrovarsi a dover negoziare l’esenzione o la riduzione dei dazi, attraverso canali diplomatici bilaterali, facendo leva sul legame strategico con gli Stati Uniti.

Inoltre, diventerebbe necessario diversificare i mercati di esportazione, intensificando gli accordi con l’Unione Europea o i Paesi ASEAN, o ancora investire direttamente negli USA, in una logica di “friend-shoring[2]”, per aggirare i dazi ed evitare interruzioni strategiche.

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Da tale contesto geopolitico si delineano 3 scenari possibili: 

  1. Scenario positivo – Riconvergenza strategica (20%)
  • Ipotesi chiave: gli Stati Uniti rivedono parzialmente i dazi in seguito a una pressione congiunta di lobby industriali e diplomatiche; Tokyo rafforza la sua presenza industriale in America.
  • Impatti: le aziende giapponesi consolidano la loro posizione nel mercato statunitense, il rapporto bilaterale si rafforza con una nuova intesa economica e i mercati reagiscono positivamente, premiando la stabilità della catena di valore.
  • Strategie: investimenti giapponesi in impianti produttivi sul suolo americano, partnership pubblico –private tra Tokyo e Washington in ambito difesa e tech e coordinamento multilaterale per aggiornare le regole WTO. 
  • Scenario intermedio – Adattamento competitivo (50%)
  • Ipotesi chiave: i dazi rimangono in vigore, ma vengono applicati in modo selettivo e le imprese si adattano senza rotture sistemiche.
    • Impatti: le aziende giapponesi subiscono un aumento dei costi e ripensano le supply chain, le relazioni bilaterali rimangono tese ma gestibili e l’Indo-Pacifico resta relativamente stabile, sebbene più frammentato sul piano economico.
    • Strategie: delocalizzazione selettiva della produzione, accordi bilaterali mirati per settori critici come i semiconduttori e batterie e sostegno governativo per le esportazioni colpite.
  • Scenario negativo – Disaccoppiamento forzato (30%)
  • Ipotesi chiave: I dazi si irrigidiscono e si estendono, il dialogo politico si interrompe, Tokyo cerca nuovi equilibri strategici in Asia.
    • Impatti: gravi danni all’industria giapponese export-oriented, rottura dell’alleanza economia con gli Usa, maggiore cooperazione del Giappone con Ue, Corea del Sud e ASEAN, la Cina ne approfitta per proporsi come partner regionale più affidabile.
    • Strategie: ristrutturazione radicale delle catene di fornitura verso l’Europa e l’Asia, rafforzamento di accordi multilaterali come il CPTPP o RCEP, investimenti strategici in autonomia industriale e tecnologia nazionale. 

Conclusione

In un mondo sempre più diviso tra interessi strategici e protezionismo economico, i dazi USA contro il Giappone rischiano di trasformare un alleato in un competitor. Più che una mossa commerciale, si tratta di una scelta geopolitica che potrebbe ridisegnare gli equilibri dell’Indo-Pacifico. In gioco non c’è solo l’accesso a beni e mercati, ma il futuro delle alleanze che finora hanno garantito stabilità nell’area più dinamica del mondo.

La politica tariffaria americana verso il Giappone rappresenta un paradosso strategico: colpire un alleato storico per motivi economici rischia di minare l’equilibrio geopolitico della regione indo-pacifica.

Il futuro delle relazioni USA-Giappone dipenderà dalla capacità di bilanciare esigenze economiche e sicurezza strategica, in un momento in cui la coesione tra democrazie industrializzate è quanto mai cruciale.


[1] Il decoupling selettivo (in italiano: “disaccoppiamento selettivo”) indica la separazione mirata e strategica delle relazioni economiche e tecnologiche solo in settori considerati critici o sensibili, tra due o più Paesi, solitamente per motivi di sicurezza nazionale, controllo tecnologico o rivalità geopolitica.

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Friend-shoring è un termine che indica la delocalizzazione delle catene di produzione e approvvigionamento in Paesi considerati “amici” o politicamente allineati, invece che in aree geografiche semplicemente convenienti sul piano economico.

È una strategia economico-politica in cui si preferisce commerciare e produrre con partner fidati, piuttosto che con Paesi potenzialmente instabili o ostili (come la Cina o la Russia), anche se questi ultimi offrono costi più bassi.



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