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Confapi. Rinnovate le cariche, conferme per Bargellini e Rapone


L’Assemblea annuale dei soci dell’Associazione Piccole e Medie Industrie, giunta alla XVIIa edizione, ha proceduto anche all’approvazione del bilancio d’esercizio al 31-12-2009.

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Per quanto riguarda il Collegio Sindacale è stato confermato il dott. Gabriele Baschetti alla Presidenza, affiancato da Gianni Silvani e Lorenzo Sanpaoli.
Tutte le elezioni sono avvenute all’unanimità.

In particolare, va segnalato che nel Consiglio è stato dato spazio in modo equilibrato ai vari territori che compongono la nuova Provincia di Rimini, con importanti nuovi ingressi, come Pula della IRCI SpA dalla Valmarecchia, Marchetti dalla Valconca, Vignoli dal capoluogo riminese.

La relazione del presidente Bargellini

Cari colleghi imprenditori,

le più recenti indagini congiunturali sul comparto industriale della nostra Regione testimoniano un timido segnale di ripresa: l’export ricomincia ad aumentare (+ 3,9% nel primo trimestre 2010 in confronto a quello dell’anno scorso). A ben guardare le statistiche però, vediamo che in termini di produzione c’è stato un calo del 2,7% rispetto all’anno passato, e ci dobbiamo accontentare del fatto che nel 2009 eravamo invece a commentare un crollo rispetto al 2008 addirittura del 30% !

Finanziamenti e agevolazioni

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Se questo è lo scenario, allora non possiamo che concludere che oggi in Italia fare impresa è veramente un’impresa ! Noi, “uomini di fabbrica”, imprenditori impegnati anche 18 ore al giorno al fianco dei nostri operai e collaboratori, siamo abituati ai sacrifici e a lottare duramente sul mercato, ma per essere attrezzati alle continue sfide occorre anzitutto sapere verso dove si sta marciando.

La paradossale e drammatica situazione nella quale ci troviamo ad operare tutti quanti è caratterizzata invece principalmente da un generale stato di incertezza, che rende tutto più terribilmente difficile, perché non consente di organizzare il lavoro e pianificare i progetti di sviluppo. L’unica cosa certa è che siamo Imprenditori con la “I” maiuscola e lottatori per definizione ! Altrettanto certo è il fatto che solo le Piccole e Medie Imprese stanno tenendo in piedi l’economia di questo Paese, limitando in modo determinante il pericolo di un crollo occupazionale: il nostro modello di impresa, che è fatto di flessibilità e forte spirito di adattamento alle mutevoli condizioni dei mercati, sta tenendo a galla il sistema industriale nazionale, che da tempo è sottoposto a fortissime pressioni competitive, il cui esito potrebbe essere quello di un serio ridimensionamento delle nostre capacità produttive. I ritmi, i tempi e le modalità di produzione vengono sempre più dettati dalle potenze emergenti asiatiche e l’intero modello non solo italiano, ma addirittura europeo è schiacciato su posizioni di difesa.

Cosa stanno facendo le Istituzioni ?

Il Governo italiano sta per varare – per quanto di sua competenza – importanti misure volte a tentare di fare fronte all’emergenza cui è sottoposta la moneta unica europea. Come imprenditori italiani, abituati sin dai tempi della vecchia lira alle svalutazioni competitive che sostenevano il nostro export, non vediamo così male un deprezzamento dell’euro in quanto moneta di scambio sui mercati internazionali. Per chi vende sui mercati americani ed asiatici si tratta di una vera boccata di ossigeno, ma sappiamo bene che c’è sempre il rovescio della medaglia, sia per quanto riguarda le forniture di materie prime – generalmente valutate ancora in dollari – sia perché la debolezza dell’Euro certifica una preoccupante realtà: la debolezza strutturale del sistema socio-economico del nostro continente, quindi il serio pericolo di un decadimento dell’Europa nel suo insieme.

Vedete, l’impianto generale della manovra finanziaria italiana è tutto sommato apprezzabile, poiché mira a risanare le finanze pubbliche colpendo il popolo degli evasori, nonché i rami secchi nel settore del pubblico impiego. A noi di Confapi, in termini generali, questa manovra sembra sostanzialmente in linea con quello che si sta facendo negli altri paesi europei per arginare la crisi e troviamo positivo che non siano previste nuove tasse a carico di PMI e cittadini, anche se andrebbero attivate misure più incisive per stimolare produzione e consumi.

Altro discorso invece è quello di eventuali riforme finalizzate a rendere più facile aprire e gestire un’impresa, discorso su cui la politica si dibatte già da parecchi anni ma finora con poche importanti innovazioni. Aspettiamo di conoscere meglio i dettagli ed i contenuti del nascituro “Statuto delle Imprese”, cui guardiamo certamente con interesse ma che per non rischiare di diventare un quaderno di buoni propositi dovrà generare una concreta rottura rispetto ad un dato di fatto ormai insostenibile per tutte le imprese italiane e cioè la mostruosa burocrazia ! Ricordiamo infatti che solo gli oneri derivanti dalla legislazione statale rappresentano un carico annuo di oltre 16 (sedici) miliardi di euro di costi per le imprese: in tale conteggio sono incluse svariate incombenze come ad esempio la privacy, oppure i costi accessori determinati da un sistema di welfare non più rapportato al nostro sistema economico. Va detto che l’idea dello “Statuto delle Imprese” nasce da un lavoro complesso elaborato in sede europea, il progetto denominato “Small business act” che si pone come obiettivo strategico appunto di semplificare e restituire fiducia a chi fa impresa. Ora, considerando che l’Italia è il primo paese europeo per numero di piccole e medie imprese ed il secondo per numero di addetti nel settore PMI sul totale degli addetti, è chiaro che questa riforma non solo va fatta, ma è sicuramente tardiva !

Costruire il futuro

Cari colleghi, come imprenditori ci interessa sapere cosa ci aspetta nel futuro immediato per poter fare al meglio il nostro mestiere, ma come dirigenti di un’associazione di imprenditori è nostro dovere capire, e, se possibile, intervenire su quello che può essere il futuro. La crisi che tutti conosciamo, con l‘esplosione di ore di cassa integrazione ordinaria, straordinaria e poi in deroga, ha contribuito a fare precipitare le finanze pubbliche da una situazione già difficile ad una di emergenza totale. Uno dei rischi maggiori che prende sempre più forma è quello di una frattura generazionale: sistemi pensionistici troppo generosi ereditati dal passato (con baby pensionati, pensionati con doppia o tripla indennità, falsi invalidi etc.) e debito pubblico elevato, hanno fatto crescere l’onere finanziario che graverà sulle generazioni future: è nostro compito contribuire a dare un futuro ai nostri giovani e sono convinto che il modo migliore per onorare tale responsabilità sia quello di restare in sella alle nostre rispettive aziende, coinvolgendo le migliori professionalità, valorizzandole, investendo sul capitale umano, per fare crescere gli imprenditori di domani; se i nostri figli si dimostreranno all’altezza avremo contribuito al passaggio generazionale in famiglia, diversamente sarà nostro compito guidare la transizione delle aziende attraverso figure competenti al passo con i tempi.

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Per fare questo ci vuole a mio avviso più Europa: non certo quella dei burocrati e dei rigidi banchieri di ispirazione teutonica, quanto quella del sogno dei padri fondatori dell’immediato dopoguerra. Oggi siamo ad un punto di svolta della storia europea – senza distinzione fra Francia ed Italia, Germania o Spagna – e soltanto se sapremo recuperare i valori originari potremo salvaguardare il livello di vita conquistato con il lavoro e la responsabilità, la cultura e l’impegno di un continente che, malgrado un evidente invecchiamento demografico e di idee, costituisce ancora una potenza economica. Soltanto con un ”esercito di imprese europee” potremo esprimere una vera e forte risposta alle sfide rappresentate dalle sempre più aggressive aziende dei paesi emergenti, dove la cultura della sicurezza del lavoro e delle relazioni sindacali, quella del rispetto dell’ambiente e dell’assistenza sanitaria gratuita non rappresentano ancora un patrimonio acquisito e che proprio a causa di questo differenziale rischiano di mettere in serio pericolo anche i diritti e le conquiste acquisite nell’ultimo secolo dal mondo del lavoro in Europa.

Cosa facciamo noi

In questo contesto la nostra Confederazione si muove in sintonia con le Associazioni territoriali per dare delle risposte concrete alle imprese.

E’ notizia di pochi giorni fa il rinnovo del contratto di lavoro nazionale dei metalmeccanici, sottoscritto dalla nostra organizzazione verticale di categoria Unionmeccanica, che ha confezionato un vestito su misura per le nostre associate in linea con le condizioni economiche reali. Al contempo stiamo lavorando a delle piattaforme innovative relative a proposte di contratti di lavoro in settori come il turismo, i trasporti, la sanità e gli orafi, per poter affiancare sempre più comparti economici di Piccole e Medie Imprese in modo adeguato sul piano delle relazioni sindacali.

Molto importante è stato inoltre l’accordo siglato il 9 febbraio scorso con le tre confederazioni sindacali Cgil-Cisl e Uil in materia di apprendistato professionalizzante, uno strumento prezioso in questa congiuntura economica, che agevola l’ingresso in azienda di giovani leve con modalità snelle ed efficaci.

In materia di credito non possiamo trascurare il prezioso ruolo svolto dal nostro “Consorzio Fidi Confidi Romagna e Ferrara”, che anche nel 2009 ha prodotto numeri importanti nelle quattro province interessate: ben 642 domande di altrettante aziende (di cui il 23% nella provincia di Rimini), per complessivi 113 milioni di euro di finanziamenti garantiti, a cui vanno sommati altri 17 milioni di euro di co-garanzia messi in gioco dal Fidindustria regionale. Su questo fronte l’indicatore della crisi è evidenziato dal fatto che i finanziamenti per investimenti sono scesi (2009 sul 2008) dal 46% al 36%, mentre quelli per il consolidamento del debito e per liquidità sono aumentati dal 17% al 33%. Un altro dato va analizzato: il 33% delle pratiche di finanziamento hanno riguardato le cosiddette microimprese con meno di 10 dipendenti; il 51% delle pratiche è stato coperto dalle piccole imprese (fino a 50 dipendenti) ed infine il 15% è stato indirizzato a richieste di medie imprese (da 50 fino a 250 addetti).

Tuttavia anche il Confidi ha riscontrato, a partire dai primi mesi del 2009, una stretta creditizia o credit crunch. Per esempio, mentre il Confidi deliberava la concessione della sua garanzia le banche erogavano solo il 60% dell’importo inizialmente richiesto. Questo ha ampliato le difficoltà delle aziende che così, oltre a fronteggiare le difficoltà di mercato e le insolvenze dei clienti, hanno subìto anche difficoltà dal fronte bancario, che ha irrigidito i propri parametri e allungato i tempi di istruttoria. Solo verso la fine dell’anno la percentuale è risalita al 75% questo almeno per i finanziamenti garantiti.

Microcredito

per le aziende

 

In tema di credito resta ovviamente da tenere sempre ben monitorato il rapporto banca – impresa: la vicenda del massimo scoperto uscita dalla porta e rientrata dalla finestra sotto altra voce e moltiplicata è un tipico caso di come le banche facciano cartello: sono anch’esse delle imprese che devono far quadrare i rispettivi bilanci, ma sono pur sempre imprese che operano in un mercato protetto e spesso faticano, per mancanza di volontà, a dialogare con le piccole e medie imprese. Certo, sussistono delle differenze – che abbiamo potuto verificare – anche tra le banche e qui voglio spendere una parola di attenzione per taluni istituti di credito piccoli, radicati sul territorio, che operano a più stretto contatto con le imprese. La strada del dialogo però deve essere sempre alimentata da entrambe le parti: le banche aiutino allora le imprese che stanno ripartendo, dando liquidità ai progetti di rilancio e sviluppo. Lo scenario però potrebbe purtroppo rivelarsi ben diverso: stando ai parametri di Basilea 2, le banche analizzano i rating delle imprese e visto che nel 2009 i bilanci sono stati magri per quasi tutti, il rischio è quello di un mantenimento della stretta creditizia. Ciò che a noi imprenditori risulta difficile da accettare è che mentre le aziende sono in sofferenza a causa di una crisi generata dall’esplosione della bolla finanziaria, le banche continuano a presentare bilanci in utile.

Sul livello locale la nostra Associazione è stata vicina ai soci in un anno molto difficile: si è verificata un’esplosione di problematiche di natura sindacale e tanti di noi hanno avuto il funzionario sindacale e la consulenza del lavoro per utilizzare gli ammortizzatori sociali, scelta dolorosa e difficile, ma purtroppo in molti casi inevitabile.

E’ importante sottolineare anche come abbiamo lavorato in stretta sinergia con l’Amministrazione provinciale per favorire l’anticipazione dei tempi di liquidazione degli ammortizzatori sociali, con l’obiettivo di alleggerire il disagio dei lavoratori da una parte e dare più respiro alle stesse aziende sul fronte della liquidità dall’altro. Il “Protocollo per lo sviluppo e la competitività 2010-11”, che abbiamo sottoscritto con le altre associazioni imprenditoriali e sindacali riminesi, è il frutto di un atteggiamento responsabile e condiviso per gestire gli effetti della crisi nel modo più realistico possibile.

Una questione che invece voglio sollevare in questa sede riguarda il costo – tassa o tariffa che sia – che ci viene addebitato per la raccolta e relativo smaltimento dei rifiuti: considerando che le aziende hanno avuto un calo di produzione e quindi anche di rifiuti, non si capisce come invece le tariffe possano essere aumentate. Anche qui ci scontriamo con una situazione di conflitto di interessi tra Hera ed i Comuni, ai quali la prima deve assicurare un dividendo per lo svolgimento di un servizio di utilità pubblica. Questa anomalia è difficile da comprendere per chi come noi opera in regime di libera concorrenza, con tutti i rischi che ne conseguono. Nel caso dei rifiuti, come, in altri attinenti le utilities, il rischio di impresa scompare: troppo facile avere la possibilità di applicare tariffe retroattive ed aumenti in evidenti situazioni di calo nella produzione di rifiuti ! Si tratta di una questione sostanziale e al tempo stesso di principio molto importante sulla quale siamo pronti ad esprimere una protesta chiara e forte e sulla quale vogliamo risposte limpide.

Quali alleanze ?

Per tornare su temi di carattere generale voglio spendere alcune parole a proposito del ruolo delle Associazioni imprenditoriali.

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Il recente lancio dell’operazione “Rete Imprese Italia” ad opera dei colleghi di altre associazioni dell’artigianato e commercio non ci lascia indifferenti: plaudiamo a tale iniziativa, che perlomeno nelle sue intenzioni iniziali costituisce senz’altro un segnale di novità, soprattutto se finalizzato ad un reale progetto di integrazione del variegato mondo delle Piccole e Medie Imprese per dare loro una voce unitaria e quindi più forte.

Personalmente sono convinto che tutto il mondo dell’associazionismo economico in Italia sia chiamato ad un ripensamento sul proprio ruolo, in primo luogo perché occorre sempre più dare servizi e risposte concrete alle aziende, le quali chiedono anche una rappresentanza che vada oltre il mero corporativismo, ma sia in grado di elaborare progetti di sviluppo di sistema. Su questo campo siamo attrezzati perché abbiamo sempre lavorato con uno spirito di servizio verso i nostri soci e non abbiamo mai goduto di rendite di posizione, conquistando la fiducia degli imprenditori con il lavoro sul campo: nel nostro sistema associativo vige la regola democratica “una testa, un voto”. Noi il federalismo lo mettiamo in pratica a partire dal territorio !

Sul fronte associativo opposto, continuiamo ad osservare con altrettanta attenzione Confindustria, che si nutre di piccole e medie imprese, le quali però non hanno generalmente un ruolo preponderante, se non altro perché, pur contribuendo a quel sistema per il 90% delle risorse, riescono ad esprimerne solo in minima parte la rappresentanza e determinarne le politiche associative. Se si chiedono al Governo gi incentivi per la rottamazione delle auto e dei frigoriferi significa poi che lo stato destina risorse a quei settori a discapito di altri con maggiori potenzialità di crescita e occupabilità e se consideriamo che i primi sono comparti maturi, per di più in fase di delocalizzazione all’estero, viene da concludere che in Italia continuano ad esserci imprenditori di serie A ed altri di serie B.

Sulla base di tali contraddizioni proviamo dunque come Confapi un senso di estraneità a certe liturgie e certi sistemi di rappresentanza che non sono oggettivamente ciò che serve alle nostre aziende, fatte di uomini che lavorano e che producono ricchezza, uomini che preferiscono i mercati e le fiere ai salotti e le passerelle.

Rimini, dove vai ?

Il nostro territorio sta vivendo indubbiamente un momento delicato. Le difficoltà congenite della finanza pubblica, che si riflettono inevitabilmente anche sugli enti locali, vanno a saldarsi con una serie di operazioni connesse ad importanti infrastrutture della provincia di Rimini. Le nostre amministrazioni sono chiamate oggi – e per parecchi anni a venire – a far fronte ad esborsi molto impegnativi per pagare due palacongressi nel raggio di 10 chilometri, che non lasceranno molto spazio ad altre potenziali scelte di sviluppo. E’ chiaro che a questo punto il treno è in corsa e non ci si può fermare a metà strada, ma è altrettanto indiscutibile che il gigantismo ed un deleterio campanilismo ci hanno spinti verso una strettoia che rischia di mettere a dura prova le nostre comunità.

A proposito di viabilità poi, applaudiamo all’avvio dei lavori per la terza corsia dell’autostrada, seppure in ritardo di vent’anni, ma è lecito chiedersi se questo produrrà effetti significativi nello snellimento del traffico locale. Dobbiamo essere realisti: fino a quando non sarà favorita una efficiente mobilità viaria, anche attraverso il nuovo tratto provinciale della statale adriatica, continueremo a muoverci su un sistema stradale vecchio e inadeguato alle necessità di una moderna città turistica, dei servizi e della manifattura di qualità.

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Per quanto riguarda il territorio poi, bene ha fatto il Presidente della Provincia Vitali a richiamare in questi giorni con fermezza sulla necessità di tutelare questo bene primario e svincolarlo dalle logiche speculative e di rendita immobiliare che tanti disastri hanno provocato sulla Riviera e l’entroterra, non solo in termini paesaggistici ed ambientali, ma anche sul piano economico: ogni singolo euro investito nella rendita fondiaria è un euro sottratto agli investimenti produttivi ! Se vogliano tutti sinceramente dare un futuro solido alla nostra realtà turistica, garantire una qualità della vita ai nostri cittadini e creare i presupposti per uno sviluppo sostenibile, diamo dunque spazio a chi investe, produce e crea occupazione, diamo gambe alla “green economy” e isoliamo gli agenti della cementificazione selvaggia, che ci portano al sottosviluppo !

In conclusione, cari colleghi imprenditori, è arrivato il momento di fare la nostra parte anche attraverso questo prezioso strumento che abbiamo a disposizione, cioè la nostra Associazione.

Se oggi siamo qui riuniti in Assemblea, sicuramente vuol dire che crediamo nell’utilità di questo benemerito sodalizio e vogliamo contribuire a rafforzarlo, consolidarlo, per dare sempre più soluzioni ai problemi delle nostre imprese e per fare rete tra di noi e con gli altri imprenditori del territorio riminese.

Per conseguire questi obiettivi servono anche uomini, idee e risorse economiche: oggi la nostra Assemblea procederà al rinnovo delle cariche sociali e personalmente voglio ringraziare tutti voi, l’intero Consiglio direttivo uscente e lo staff della nostra struttura per il sostegno che ciascuno presta nei rispettivi ambiti di competenza.

Si conclude infatti il mio mandato triennale di Presidente provinciale e devo riconoscere che aver preso il testimone dai miei predecessori Celli e Brighi è stata un’esperienza impegnativa e di grande responsabilità, che ho affrontato con spirito di servizio e grande passione.

C’è tanto lavoro da svolgere e qui con noi ci sono imprenditori di peso e qualità che possono contribuire in modo prezioso agli obiettivi del nostro progetto. Per quanto mi riguarda, vi comunico la mia volontà di poter proseguire il percorso avviato tre anni fa e chiedo il vostro sostegno per poter guidare Confapi Rimini per un secondo ed ultimo mandato.

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